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Le macchine da scrivere Olivetti - STORIA DEL DESIGN ITALIANO

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Le macchine da scrivere Olivetti - STORIA DEL DESIGN ITALIANO

Le macchine da scrivere Olivetti - di Cecilia Vitiello

Artebaz è felice di introdurre una nuova rubrica sulla storia del design italiano. Abbiamo deciso di partire scrivendo della Olivetti SpA e delle sue macchine da scrivere.
Camillo Olivetti (Ivrea, 1868 – Biella, 1943), un uomo di grande forza e temperamento, discendente da una famiglia borghese di origini ebraiche e valdesi.
Nel 1895, all’età di ventisette anni e dopo una laurea in ingegneria industriale, con due soci e una trentina di operai presi tra gli artigiani della zona e preparati da lui stesso con un corso accelerato, Camillo inizia a Ivrea la costruzione del famoso edificio di mattoni rossi per la fabbricazione di strumenti di misurazione elettrica, che in parte ha disegnato di persona e brevettato.
Il 29 ottobre 1908 avviene la svolta: la fabbrica diventa la “Società Ing. C. Olivetti e C., Prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”. Nel 1911 la prima M1 viene portata all’esposizione universale di Torino e successivamente arriva l’appalto di duecento macchine per il ministero della marina: è il via alla produzione e allo sviluppo. Camillo costruisce tutti i pezzi nella sua fabbrica, viti comprese, in gran parte ancora a mano, con un lavoro semiartigianale, tuttavia l’aspetto della M1 è scuro, austero, perché “non deve essere un gingillo da salotto”.
Nel 1924 la produzione annua è di 4000 macchine e i dipendenti sono saliti a 400. La prima generazione di operai presi dai laboratori artigianali è ormai costituita da capo operai o attrezzisti, l'élite della fabbrica, autodidatti cresciuti alla scuola di Camillo, affiancati da alcuni laureati. Camillo autoritario ma amatissimo dai suoi lavoratori, resta poco in ufficio e passa gran parte del tempo con i dipendenti, in mezzo alle macchine.
Non vi è divisione netta tra lavoro manuale e lavoro intellettuale: tutti i lavori, se fatti bene, richiedono uno sforzo di intelligenza” - Camillo Olivetti
Adriano Olivetti (Ivrea, 1901 – Aigle, 1960), a differenza del padre non è portato per il lavoro manuale, ma si dedica ugualmente all’azienda di famiglia. Nel 1928, dopo aver passato un periodo negli Stati Uniti a studiare le fabbriche americane, Adriano avvia l’azienda da una condizione semiartigianale alla grande industria di massa con un’organizzazione scientifica del lavoro.
Nel 1929 la crisi della Borsa di New York ha per la Olivetti un paradossale effetto iniziale positivo, dato dal fallimento della concorrenza estera: l’esportazione verso l’Italia cade di due terzi. Durante lo stesso anno nasce la prima fabbrica-satellite fuori dall’Italia, affiancata in seguito da molte altre, mettendo le basi per penetrare in alcuni mercati esteri, oltre a conquistare la supremazia sul mercato italiano.
Adriano può finalmente mettere in cantiere la sua MP1, la prima macchina da scrivere portatile dalla forma funzionale, voluta e progettata interamente da lui. Ma la produzione non è l’unica cosa di cui si interessa: in questi stessi anni, infatti, vengono avviati i primi progetti di ampliamento e miglioramento della fabbrica e dei luoghi ad essa adiacenti arricchiti di prati e spazi sportivi per gli operai e per le loro famiglie, per le quali sorgeranno anche asili, mense, biblioteche e case.
Nel 1940 esce la Summa, la prima addizionatrice con un design concepito e sperimentato coscientemente: è l’inizio del razionale e luminoso “stile Olivetti”, il cui famoso simbolo sarà la semplice “O” ovale.
Nel periodo della seconda guerra mondiale, padre e figlio si impegnano per rovesciare il regime fascista e passare dalla parte degli anglo-americani. Adriano viene incarcerato per un paio di mesi dopo i quali è obbligato a cercare rifugio in Svizzera, mentre Camillo, ormai settantacinquenne e prossimo alla morte, è costretto a nascondersi dai tedeschi. Alla fine della guerra la situazione dell’Olivetti è migliore della media italiana, non ha subito bombardamenti e non ha forti indebitamenti, tuttavia l’avvio alla normalità è faticoso.
La politica di rilancio si basa sui due binari dello sviluppo della produzione a più alta tecnologia – le calcolatrici – e dell’aumento dei salari ai dipendenti: riparte l’espansione della Olivetti. Nel 1948 entra in produzione la Divisumma: la calcolatrice più veloce al mondo nelle moltiplicazioni e l’unica a conservare il saldo negativo; è la fortuna economica della Olivetti.
Ma bisogna aspettare il 1950 per vedere il prodotto che è diventato un’icona del design italiano, la macchina da scrivere Lettera 22, che va a sostituire la MP1, migliorandola in leggerezza, funzionalità e portabilità. Ha un grandissimo successo e riceve molti riconoscimenti come il Premio Compasso d’Oro assegnato dall'Associazione Disegno Industriale nel 1954 e il premio come miglior prodotto di design del secolo secondo dall’Illinois Institute of Technologynel 1959. Negli anni Cinquanta la fabbrica è ormai la prima in Europa nel suo settore per numero di dipendenti, produzione, fatturato: da meccanica la produzione sta convertendosi in elettro-meccanica; da nazionale, l’azienda sta diventando multinazionale. Intanto nasce il primo vero calcolatore elettronico italiano da produrre in serie, Elea, a cui contribuisce enormemente Roberto Olivetti, figlio di Adriano, da poco entrato in fabbrica e specializzato nel settore elettronico. Un anno prima della sua morte, nel 1959, Adriano ottiene il suo ultimo grande successo: l’acquisizione dell’americana Underwood, ormai sull’orlo del fallimento. È la prima volta che una società italiana prende il controllo di una grossa azienda statunitense: l’Olivetti è riuscita a diventare multinazionale senza perdere il suo carattere originario. Ad oggi alcuni modelli di Lettera 22 sono custoditi dal Triennale Design Museum e dalla collezione permanente di design al MoMa, Museum of Modern Art di New York sintomo di quanto questa macchina da scrivere e gli uomini che l’hanno costruita abbiano segnato la storia del design.
AVVENIMENTI INTERESSANTI
1920: L’onda montante della rivoluzione sociale tocca il suo pieno con l’occupazione delle fabbriche durante il mese di settembre. Davanti alla fabbrica si presentano sindacalisti della Camera del Lavoro di Torino, Camillo li fa entrare, mostra i registri dove risulta il trattamento dei suoi dipendenti, fa un discorsetto sull’etica del lavoro, poi li introduce lui stesso all’assemblea dei lavoratori subito convocata. La risposta è sorprendente: “Noi siamo come l’ingegner Camillo”.
Seconda guerra mondiale: Durante la guerra l’azienda diventa il centro della vita cittadina: provvede al cibo (con la mensa e lo spaccio, aperti largamente a tutti), batte moneta (con i suoi buoni-mensa e buoni-spaccio), svolge servizio di ordine pubblico, fa politica estera (propiziando gli scambi fra prigionieri di entrambe le parti). Con la riproduzione a stampa dei lasciapassare tedeschi il doppiogioco diventa temerario: vengono ampiamente distribuiti fra la popolazione e tra i partigiani. Numerosi antifascisti trovano un impiego di copertura alla Olivetti.
15 luglio 1948, il giorno dopo l’attentato a Togliatti: fabbrica occupata. Adriano dispone di mandare undici brande per gli occupanti e di non fargli mancare cibo. Poi va in fabbrica, passando attraverso il muro di operai che lo attende. 1948: Geno Pampaloni viene assunto come direttore della biblioteca di fabbrica e per prima cosa fa togliere le griglie protettive agli scaffali. Subito spariscono alcuni libri. Adriano ne è felice. Dice: “Allora vuol dire che li leggono, che hanno davvero fame di libri”.
Anni ’50: Si scopre che un dipendente falsifica alcuni conti. Adriano chiede un’inchiesta discreta sulla sua vita. Viene fuori che ha una situazione famigliare confusa e intricata. Adriano lo convoca e gli annuncia che il suo stipendio è aumentato per evitargli in futuro di dover rubare.
BIBLIOGRAFIA
Daniele Ungaro, Capire la società contemporanea, Roma, Carocci Editore, 2001.
Valerio Ochetto, Adriano Olivetti, Venezia, Marsilio Editore, 2009.
Giuliana Gemelli e Flaminio Squazzoni (a cura di), Il ruolo del “Servizio di ricerche sociologiche e studi sull’organizzazione” nell’innovazione strategica della società Olivetti (1955-1975)”, saggio di scienze sociali, ingegneria e management pubblicato all’interno di NEHS/NESSI. Istituzioni, mappe cognitive e culture del progetto tra ingegneria e scienze umane”, Bologna, Baskerville, 2003.